Pensieri e considerazioni personali

In questo blog troverete delle mie considerazioni, quale fondatore, dirigente e maestro di Riviera Scherma, ma soprattutto in qualità di persona. Quindi vanno lette come espressione di libero pensiero e non di quello societario, per quanto abbastanza coincidenti.

“il miglior allievo è…”

Un luogo comune che non ho mai apprezzato è “il miglior allievo è quello orfano”,
sinceramente suona come una sconfitta per un educatore.
Quindi dimentichiamo questa banalità e andiamo oltre.
I genitori portano gli allievi in sala, pagano le quote, il materiale e accompagnano gli atleti alle gare, mi pare abbastanza per averne cura e farseli amici, in caso contrario sconsiglio le lunghe agonie, meglio essere franchi e affrontare l’eventuale problema con decisione, un rilancio da pokerista dagli esiti sempre positivi: se non c’è chiarimento le parti si separano: addio. In caso contrario il rapporto si rinsalda e prosegue meglio di prima.
Questo sistema l’ ho sempre applicato ad ogni tipo di rapporto, dagli affetti al lavoro.

Rimanendo in tema sportivo immagino un triangolo ai cui vertici si trovano:
1-la società sportiva 2-l’ambiente famigliare 3-l’atleta.
Poi c’è un’altra triade di insiemi che rappresentano il contributo ogni soggetto deve portare:
1-La formazione. Compito della Società insegnare bene la disciplina sportiva.
2-La partecipazione. L’ambiente, genitori, nonni, insegnanti e amici devono sostenere la scelta sportiva del soggetto.
3-L’ entusiasmo. L’atleta deve avere il piacere di apprendere ed essere attivo.

Questi tre insiemi in realtà potrebbero avere nomi diversi oppure essere in maggior numero, per semplicità ho creato lo schema pubblicato sopra, in apertura.
Poi ci sono delle frecce che indicano una doppia direzione, un dare ed avere, uno scambio di azioni, il rapporto deve essere biunivoco:
1-La comunicazione. Club ed ambiente devono trasmettersi informazioni, sulla salute, lo studio, le difficoltà di ogni genere, far sapere alla controparte se ci sono elementi che possono influire sulla qualità del rapporto.
2-L’impegno. Società ed Atleta devono dare il meglio di sé stessi, poco da aggiungere.
3-Rispetto. L’atleta deve avere rispetto dei sacrifici o dell’impegno dei propri famigliari L’ambiente, che comprende anche gli insegnanti e gli amici, deve dare importanza e rispettare l’impegno dell’atleta.
Al centro un sotto insieme, formato dalle intersezioni degli elementi circostanti:
1-Il risultato. Che non va identificato solo con quello agonistico, ma tutti quelli che si ottengono praticando dello sport, sia morali che fisici. Se poi ci scappa una coppa o una medaglia, meglio, ma non è importante.

Uno sport di squadra….

il primo articolo è dedicato all’immagine di copertina del blog nel quale si vede una squadra di calcio ed il suo allenatore distribuiti lungo la lunghezza di una spada.
Le discipline sportive vengono divise in “individuali” e “di squadra” ma la loro natura è in realtà la medesima, quello che è compito di uno viene eseguito da molti. La scherma è uno sport individuale, di situazione e open skill, cioè prevede molte abilità chiamate in causa senza un ordine e senza una prevedibilità, il tutto gestito da una sola persona che si oppone ad un avversario che ha i medesimi compiti da svolgere e senza che mai un solo gesto o accadimento si ripetano identici. Ho sempre trovato utili le mappe concettuali e il mio lavoro per l’editoria scolastica mi ha fornito strumenti che ora posso utilizzare nella didattica in sala. Come spiegare ad un bambino il senso dell’utilizzo dell’ arma? Per esempio usando il calcio, che conosce per prassi comune, creo un’immagine che traduca per gli occhi i concetti ed ecco che la scherma diventa anche uno sport di squadra.
Tu sei l’allenatore, il Mister.
Quando impugni la spada la dirigi, la comandi, indichi ai giocatori che si trovano lungo la lama cosa fare, dove stare e perché. Studi l’avversario, pensi ad una strategia e le tattiche per attuarla, quindi decidi un modulo, che può anche cambiare se e quando sarà necessario. Svolgi i compiti di un allenatore che segue una squadra di calcio. L’avversario farà la stessa cosa, anzi attento che la partita è iniziata e loro sono in attacco! Presto, pensiamo alla difesa e studiamo la spada che impugni. La coccia ti ripara, con il suo volume crea un ostacolo anche visivo alla punta avversaria, quindi è il portiere, se non è piazzato bene prendere un goal è quasi certo! Metti la coccia il più avanti possibile per chiudere lo specchio della porta, che potrebbe essere la tua spalla. Così devi guardare quella dell’avversario, è una delle cose che non devi mai perdere di vista e appena vedi il “portiere” fuori dai pali o piazzato male devi tirare.
Ma le parate nella scherma in realtà le fanno i difensori, sono Zak Prima, Gianni Seconda, Amilcare Terza e Abulabu Quarta. Zak e Gianni, uno a sinistra e l’altro a destra, pensano alle palle basse. Amilcare e Abulabu devono pensare alle palle alte, sempre uno destra e uno a sinistra. Una volta fermato l’attaccante avversario rinviano o corrono in avanti trasformandosi da difensori in mediani. Sventata la minaccia adesso si lavora al centrocampo con battute, passaggi, cambi di linea, tornando indietro, cambiando gioco.
I centrocampisti lavorano sempre tanto, aiutano la difesa o l’attacco spostandosi vero la parte grossa o quella fina della lama, corrono ovunque per il campo. Intanto il Mister pensa e urla: “Fai questo, fai quello, alza il ritmo, attento alle gambe! Tira acciderbola! Cosa fai dormi! Forza forza!”.
Finalmente c’è la possibilità di attaccare e segnare un punto. I due fratelli Giacomo e Bortolo Ala svariano nell’area avversaria con degli 1/2, finte, fanno circolare il pallone, per aprire la difesa; ecco che una finta funziona, il terzino avversario è convinto che Bortolo passi a destra, ma lui passa a sinistra, palla alla punta che è rimasta libera, senza marcatura (si chiama proprio Punta, Tip Punta), che dribbla uno, due, terzini avversari che sono tornati per fermarlo, tira un botta pazzesca e…… GOAAAALLLL! GOOOOGOGO GOALLL!!!
Sei felice, tutti esultano, sopratutto l’allenatore, che in realtà sei tu che esulti, hai fatto tutto da solo, la squadra era nella tua testa. Bravo!
Non sarà una spiegazione completamente ortodossa, sicuramente sbrigativa, ma l’obbiettivo non è riempire la testa di un bambino con teorie se sia giusto parare troppo nella spada o se convenga invece colpire prima di essere colpiti, come certi contropiede micidiali nel calcio. Il fine è quello di far capire, intimamente, che in mano non ha una scopa, un oggetto inanimato, ma qualcosa di vivo e organico, che ogni sua parte ha un senso ed uno scopo; la spada come prolungamento del proprio corpo e del proprio pensiero, che poi, è quello che credevano i guerrieri di ogni epoca e paese.